Rendimento del patrimonio

Gentile collega,

Di recente, a Forlì, nell’ambito dell’aggiornamento professionale, con il collega Vanni Catani, ho tenuto un seminario sulla previdenza per gli ingegneri e in particolare su Inarcassa, avendo a disposizione tre ore ho potuto impostare un discorso più ampio che mi ha permesso di affrontare anche qualche necessario argomento di base, inoltre, avendo di fronte un pubblico eterogeneo, dal punto di vista degli interessi previdenziali, ho affrontato tematiche che potessero cogliere i diversi aspetti previdenziali degli ingegneri senza finalizzare il tutto per i liberi professionisti iscritti a Inarcassa.

Purtroppo in questa maniera verso la fine, dove avevo lasciato la conclusione di tutto il processo, moltissime persone erano già scemate e solo in pochi hanno potuto cogliere le conclusioni.

Con questa circolare, che è venuta un po’ lunga, voglio fare il contrario, oltre agli ultimi aggiornamenti previdenziali, evidenzierò una conclusione senza i preamboli.

NECESSITÀ DI ASSICURARE PENSIONI DECOROSE – RENDIMENTO DEL PATRIMONIO

Con il decreto salvaitalia del 2011 il governo (la nostra amica Fornero) ha chiesto di dimostrare che i nostri conti saranno in ordine per i prossimi cinquant’anni, senza considerare il patrimonio accumultato e sulla base delle entrate-uscite (semplifico i concetti).

Fino al 2006 dovevamo dimostrare che potevamo pagare tre anni di pensioni e dopo il 2006 che avevamo i conti in regola per trent’anni.

Con questi oblighi l’Inps non ha i conti in regola nemmeno nei prossimi cinque minuti.

Lo stato nelle varie riforme che si sono susseguite dal 1992 è progressivamente intervenuto riducendo le pensioni e innalzando i requisiti per ottenerle.

Gli effetti delle varie manovre previdenziali sull’Inps non hanno prodotto ripercussioni immediate sulle pensioni ma, quando, a breve, saranno a regime, i nuovi pensionati si potranno accorgere della riduzione della loro pensione e del loro potere d’acquisto.

Anche la riforma Inarcassa ha prodotto un evidente riduzione delle pensioni future senza intaccare i diritti acquisiti (con il calcolo pro-rata), il passaggio al metodo di calcolo contributivo non è di per sé una riduzione delle pensioni ma dipende dai coefficienti di calcolo che si adottano, in particolare, come si dimostra, il più importante è il tasso di capitalizazione e, nel Regolamento delle pensioni è sempre garantito un rendimento dell’1,5%.

I delegati come me non decidono nulla circa l’amministrazione del patrimonio (quali edifici, azioni o obbligazioni si comprano e si vendono) perché è un potere in capo al consiglio di amministrazione, ma, ai delegati, spetta l’obbligo di designare la quota percentuale da assegnare ai vari tipi di investimenti (asset allocation) su proposta del Consiglio di Amministrazione che si avvale dell’ufficio studi e delle varie società di consulenza esterne.

Come ho mostrato al seminario di aggiornamento (alla fine) un neoiscritto a Inarcassa, che avesse un rendimento del patrimonio per i prossimi 35 anni costante del 4,5%, otterrebbe lo stesso importo della pensione (a parità di reddito) calcolato con il vecchio metodo retributivo.

Il metodo di calcolo del rendimento prevede una revisione biennale sulla base della media dei cinque anni precedenti e, per il primo anno di applicazione (2013), non essendo ancora scattati i requisiti per la revisione biennale, è stato appicato il tasso minimo del 1,5%.

Il Regolamento Generale Previdenza 2012 all’art. 26.6 prevede che la rivalutazione dei montanti contributivi individuali avvenga con l’applicazione del tasso annuo di capitalizzazione pari alla:

“variazione media quinquennale del monte redditi professionali degli iscritti ad Inarcassa, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare, con un valore minimo pari all’1,5%.”

e che detto tasso sia:

incrementato di una quota percentuale della media quinquennale del rendimento del patrimonio di Inarcassa nella misura che, con cadenza biennale, il Comitato Nazionale dei Delegati delibera, su proposta del Consiglio di Amministrazione, nel rispetto dell’equilibrio di lungo periodo del sistema previdenziale di INARCASSA.

la media del monte dei redditi di Inarcassa degli ultimi cinque anni è negativa: -1,9%, soprattutto a causa dell’influenza del settore delle costruzioni (che nello stesso periodo hanno avuto un calo medio del -4,1% annuo) mentre il pil nazionale nello stesso periodo ha avuto un calo medio solo (si fa per dire) del -0,2% annuo.

Considerato che il monte reddditi di Inarcassa non ha prodotto alcun aumento dell’1,5% minimo garantito si passa a considerare il rendimento del patrimonio, nel quinquennio 2009-2013 il rendimento contabile medio di Inarcassa al netto degli oneri è risultato pari al 3,44%, la proposta del Consiglio di Amministrazione per il biennio 2014-2015 è stata di incrementare il tasso annuo di capitalizzazione al 4,5%.

Tale proposta è stata ratificata all’unanimità (caso più unico che raro) dal Comitato Nazionale Delegati Inarcassa.

Nel contempo, vista la necessità di massimizzare il rendimento del patrimonio, è stato approvato uno spostamento dell’asset allocation dall’attuale 20% dell’investimento azionario ad un 27%, altre ipotesi più aggressive sono state scartate per il rischio economico eccessivo.

CONTI PUBBLICI NAZIONALI FALLIMENTARI

Le condizioni dello stato italiano non le devo commentare io sono sotto gli occhi di tutti, lo stato deve perseguire le sue politiche di sviluppo, non può più pensare di occuparsi della previdenza di tutti i singoli i lavoratori così come ha fatto sino ad ora perché i conti non quadrano, con la riforma Dini del ’95 sono stati introdotti i pilastri della previdenza, il primo sarebbe quello fondamentale, quello di base, che deve assicurare la sopravvivenza, magari dignitosa, durante la quiescenza, e Inarcassa per gli ingegneri è previdenza di primo pilastro obbligatoria, il secondo finanziato con il tfr dovrebbe essere la previdenza complementare fondamentale e facoltativa.

La previdenza complementare lavora a capitalizzazione, cioè investe quello che versi, praticamente solo sui mercati finanziari perché non può permettersi di avere un patrimonio immobiliare che presenta diverse problematiche, ed eroga le prestazioni erodendo il capitale versato e il rendimento ottenuto.

Fondamentale per gli investimenti finanziari è la tassazione a cui è sottoposta la rendita, sul secondo pilastro la tassazione è dell’11% mentre per il primo pilasto è del 20%.

Costantemente l’associazione delle casse private ha presentato al governo la problematica, infatti è iniquo che la tassazione delle rendite del primo pilastro sia superiore a quella del secondo, inoltre in Europa in parecchi paesi tale tassazione è dallo 0% al 3%.

Ancora esiste il problema della doppia tassazione sui risparmi previdenziali che vengono tassati sia in fase di gestione da parte dell’ente di previdenza sia nella fase di erogazione al pensionato.

Finalmente quest’anno il governo Renzi ci ha ascoltato, infatti prevede di innalzare dal 20% al 26% il prelievo fiscale sui rendimenti finanziari delle Casse di previdenza (altroché 0%-3%) e di innalzare dall’11% al 20% anche le imposte sul secondo pilastro.

Provate ad immaginare cosa influirà questa previsione sul capitolo precedente nei prossimi anni.

CI SARÀ ANCORA LA CASSA?

Il rapporto tra lo stato e le pensioni è difficile, anche perché l’Inps è una delle principali voci di spesa del bilancio statale, il rapporto poi con le casse private è particolare, noi non disturbiamo chiedendo risorse allo Stato, e quando avremmo diritto di ricevere qualche soldino non ce lo danno, però abbiamo un patrimonio particolarmente luminescente di 7 mld, che nei prossimi anni si incrementerà ancora ulteriormente quasi al ritmo di 1 mld l’anno, senza considerare poi il tesoretto complessivo di tutte le casse (notai, avvocati, medici, ragionieri ecc..) che ammonta a circa 61 mld.

Già nel 2011, leggendo quotidianamente gli articoli sulla previdenza in generale, per me era evidente che qualcuno pensava che non sarebbe male introitare subito il patrimonio delle casse e poi, tra qualche decennio, quando ci saranno maggiori esborsi rispetto agli introiti, pagare le pensioni agli ingegneri con il debito generale dello stato.

Che poi lo Stato abbia finito di essere generoso basta avere assistito alla mia lezione dove ho parlato a lungo delle disgrazie che capitano ai liberi professionisti iscritti a Inarcassa che, per un qualche motivo, diventano dipendenti e, quindi, vengono iscritti a Inps, Inpdap o altre casse e si devono cancellare da Inarcassa, ma, anche, dei dipendenti Ingegneri che pensano di arrotondare lo stipendio aprendo la partita iva.

E così in questi anni mi sono chiesto ma è meglio che andiamo tutti subito all’Inps che salterà se salta lo Stato e comunque se salta lo Stato salterà più o meno tutto, oppure resistere graniticamente e continuare cercando di amministrare al meglio con le carte che ci serve il mazzo? Non sono riuscito a darmi una risposta.

Una parziale risposta forse potrebbe cercarsi per analogia con la Gestione Separata Inps che, sui professionisti che hanno la sola partita Iva, e quindi non sono dipendenti privati o pubblici, cioè sono come noi ma non sono iscritti agli ordini, ha un prelievo di contributo soggettivo oggi del 28% che crescerà fino al 33% nel 2018 mentre nel contempo Inarcassa prevede un contributo soggettivo del 14,5% senza alcuna previsione di incremento.

Confluendo nell’Inps potrebbe succedere che lo stato ci riservi un trattamento analogo cioè di innalzare rapidamente il prelievo. finanziando il suo disavanzo, senza magari al contempo migliorare il trattamento previdenziale finale.

Ringrazio per l’attenzione e invio i miei più cordiali saluti

Giuliano Arbizzani

Cesena, lì 22.12.2014

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