Primi aggiustamenti alla riforma

Gentile collega,

ho sempre detestato le persone che dicono “io lo avevo detto” e questa volta mi autodetesto. Uno dei motivi per cui non ho condiviso la riforma e non l’ho votata (ma sapevo benissimo che godeva di una larga maggioranza e che non avrebbe avuto problemi) è che secondo me riduce troppo le previdenze verso le posizioni più deboli. Mi ricordo quando, in un recente passato, la Presidente di Inarcassa a Report dichiarava orgogliosamente che a fronte di versamenti minimi Inarcassa garantiva una più che dignitosa pensione minima. La pensione minima era così premiante verso i contribuenti minimali che alcuni ingegneri e architetti che non svolgevano la libera professione, ma altri lavori, tenevano comunque aperta la partita iva, per potere fare i versamenti minimi annuali.

Alcuni correttivi verso questi professionisti a zero fatture erano già stati presi in occasione della prima riforma per la sostenibilità a trent’anni, ma, dopo un primo semestre di attuazione della riforma per la sostenibilità a cinquant’anni, dagli uffici viene richiamata l’attenzione sulle pensioni minime di quelli che le fatture le fanno e, conoscendo bene le dinamiche del Comitato Nazionale dei Delegati, ai professionisti in procinto di andare in pensione di anzianità con una carriera a basso reddito, mi sento di consigliare di temporeggiare perché ritengo che ci saranno degli sviluppi positivi.

Il secondo aspetto della riforma oggetto di dibattito riguarda il rendimento del patrimonio di Inarcassa, infatti la riforma a cinquant’anni imposta dalla Fornero prevedeva che nel calcolo della sostenibilità non si potesse tenere conto del patrimonio, tanto che, alcune malelingue, conoscendo bene il pensiero del nostro ex ministro per l’accorpamento delle casse di previdenza, ma anche il pensiero circa i privilegi che caratterizzano la casta degli iscritti a Inarcassa che versano solo il 14,5% del reddito contro il 27,72% imposto agli iscritti a InpsGS (se non hanno altre forme previdenziali altrimenti è il 20%) e conoscendo anche il buco dell’Inps che ingoia ogni anno 96 mld dalla fiscalità generale, hanno pensato che, tutto sommato, un patrimonio intatto da 5 mld poteva essere quanto meno invitante da acquisire dall’Inps.

Invece, in questo momento, chiarito che il calcolo della sostenibilità a cinquant’anni senza considerare il patrimonio era da considerare una specie di stress test e, considerata anche la sparizione del nostro amato ministro, che una ne fa e cento ne pensa, dalla scena politica, il dibattito ora si incentra su come considerare il contributo del patrimonio della cassa nel calcolo delle pensioni e, anche in questo caso, prevedo che in tempi ragionevoli ci saranno dei risvolti positivi.

Infine l’ultimo punto di dibattito in corso riguarda i minimi contributivi che, lungi dall”essere ridotti, stante le attuali possibilità di rateazioni potrebbero essere dilazionati in maniera stabile in più di due rate.

Ringrazio per l’attenzione e invio i miei più cordiali saluti

Giuliano Arbizzani

Cesena, lì 15.07.2013

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